L’Orto
Da anni sognavo di recuperare l'anima rustica del Castello.
Immaginavo garbo e sensibilità, per interpretare i segni lasciati dal tempo e per raccontare la storia di questo luogo e, con essa, una vocazione e un sapere antico: ogni spazio nasconde una storia, bisogna saperlo ascoltare. Per l’orto ho chiesto aiuto a Paolo Pejrone perché sa riconoscere e interpretare il sapore che caratterizza luoghi come questo.
L’orto ha una forma circolare: armonioso, chiuso, protetto.
Affaccia sulla corte rustica dell’antica dimora e ne completa l’originaria vocazione agricola, con la stalla, il fienile, il forno, il pollaio e il lavatoio. Si sviluppa intorno all’asse centrale che attraversa il portale d’accesso all’antica cascina, l’aia e il Palazzo, fino alla torre rotonda. Visto dall’alto, l’orto è perfettamente inserito nel disegno del luogo. I materiali, per la quasi totalità ritrovati al Castello e sparsi nel Parco, hanno fatto da guida alle scelte costruttive. Il disegno è stato ritracciato con pietre locali e antiche; lungo il perimetro sono stati inseriti pali di legno di castagno, montati su stele di pietra, come si usava un tempo nelle antiche campagne pinerolesi. Lo incorniciano filari di uva fragola bianca e di luglienga, l'uva di Sant'Anna, che matura precoce a luglio, tra fragoline di bosco, garofani, mughetti, peonie, ellebori e altre delicate essenze.
All’interno, piante orticole e floreali, tra specie rare e antiche, coltivate in cicliche e alternate rotazioni; le loro linee di coltivo sono lineari e concentriche: le verdure stesse sono piantate secondo un ordine particolare ed estetico. Le dalie sono il felice completamento dell'abbondante produzione di fiori recisi dell'orto.
I camminamenti sono in "calatà", anche noto come "acciottolato piemontese", in armonia con l’antica pavimentazione della corte.
Al centro, una vasca quadrata di pietra, riproposta con vecchi lastroni ritrovati al Castello; l'acqua, che scalfisce l'estatica immobilità di un quadro quieto e prestabilito, è in movimento perpetuo: scorre ininterrottamente, alimentata dall’ antico pozzo.
L’orto è un luogo di sapienza e conoscenza, è un libro aperto di passione e affetto. Negli orti c'è rapina e consolazione, tutto cresce e viene portato via, tutto ricomincia, sempre uguale e diverso insieme.

Da anni sognavo di recuperare l’anima rustica del Castello.
Immaginavo garbo e sensibilità, per interpretare i segni lasciati dal tempo e per raccontare la storia di questo luogo e, con essa, una vocazione e un sapere antico: ogni spazio nasconde una storia, bisogna saperlo ascoltare. Per l’orto ho chiesto aiuto a Paolo Pejrone perché sa riconoscere e interpretare il sapore che caratterizza luoghi come questo.
L’orto ha una forma circolare: armonioso, chiuso, protetto.
Affaccia sulla corte rustica dell’antica dimora e ne completa l’originaria vocazione agricola, con la stalla, il fienile, il forno, il pollaio e il lavatoio. Si sviluppa intorno all’asse centrale che attraversa il portale d’accesso all’antica cascina, l’aia e il Palazzo, fino alla torre rotonda. Visto dall’alto, l’orto è perfettamente inserito nel disegno del luogo. I materiali, per la quasi totalità ritrovati al Castello e sparsi nel Parco, hanno fatto da guida alle scelte costruttive. Il disegno è stato ritracciato con pietre locali e antiche; lungo il perimetro sono stati inseriti pali di legno di castagno, montati su stele di pietra, come si usava un tempo nelle antiche campagne pinerolesi. Lo incorniciano filari di uva fragola bianca e di luglienga, l’uva di Sant’Anna, che matura precoce a luglio, tra fragoline di bosco, garofani, mughetti, peonie, ellebori e altre delicate essenze.
All’interno, piante orticole e floreali, tra specie rare e antiche, coltivate in cicliche e alternate rotazioni; le loro linee di coltivo sono lineari e concentriche: le verdure stesse sono piantate secondo un ordine particolare ed estetico. Le dalie sono il felice completamento dell’abbondante produzione di fiori recisi dell’orto.
I camminamenti sono in “calatà”, anche noto come “acciottolato piemontese”, in armonia con l’antica pavimentazione della corte.
Al centro, una vasca quadrata di pietra, riproposta con vecchi lastroni ritrovati al Castello; l’acqua, che scalfisce l’estatica immobilità di un quadro quieto e prestabilito, è in movimento perpetuo: scorre ininterrottamente, alimentata dall’ antico pozzo.
L’orto è un luogo di sapienza e conoscenza, è un libro aperto di passione e affetto. Negli orti c’è rapina e consolazione, tutto cresce e viene portato via, tutto ricomincia, sempre uguale e diverso insieme.