La Serra
Ci troviamo di fronte alla Serra neogotica del Castello, costruita negli anni Venti dell'Ottocento per volere di "Babet", la marchesa Maria Elisabetta Ferrero della Marmora.
Dai documenti d'archivio risulta che, intorno al 1870, questo luogo contenesse circa 1300 vasi di piante da fiore e 48 casse per trasportare i limoni; al tempo, i limoni erano una specie rara e preziosa: il loro consumo era a uso esclusivo dei nobili e venivano custoditi gelosamente per evitare i furti.
Nel XIX secolo, la diffusione delle Serre nei parchi e nei giardini consentiva di custodire sotto i soli freddi e deboli d'Europa, i profumi attraenti e lontani della Sicilia, dell'Andalusia, di Smirne, di Cipro e di Rodi. Tutto era nato più di due secoli prima, seguendo la moda degli agrumi in vaso, che Caterina de' Medici aveva imposto alla corte di Francia.
Dopo anni di degrado in cui la Serra, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, era stata trasformata persino in una mensa, il recupero nel 2010 ad opera della Fondazione Cosso ha restituito a questo luogo il fascino originario: le vetrate, con le loro geometrie in ferro battuto, risplendono bagnate dalla luce del sole; all'interno, il Ficus repens traccia armonici disegni simili a ricami; la pavimentazione, di una miscela di argilla, terra e sabbia, conferisce un aspetto elegante e antico.
Nel 2024, all'esterno, l'intervento dell'architetto Paolo Pejrone ha completato il disegno di questo luogo: le proporzioni dell'edificio si specchiano sulla ghiaia chiara della piazza antistante, nascosta agli sguardi da gruppi di bambù che, per la loro altezza, sembrano tracciare un ideale controcanto naturale alle vetrate gotiche. In corrispondenza dell'asse centrale, un piccolo rondò indica la prospettiva ideale per cogliere, insieme, l'orizzontalità austera della Serra e la verticalità morbida della Torre Rotonda.
Appaiono ironici e poetici i vasi dei banani, le cui foglie, con il loro verde brillante, donano un aspetto prorompente, domestico e, al tempo stesso, esotico. Dritti come soldati, gli agapanti della varietà Queen Mum sono ricchi di ironie lontane e di eleganze cosmopolite; d'estate, con il bianco dei loro fiori, ricordano i cieli tersi delle terre selvagge, assolate e ricche dell'Africa del Sud, da cui sono partiti.

Ci troviamo di fronte alla Serra neogotica del Castello, costruita negli anni Venti dell’Ottocento per volere di “Babet”, la marchesa Maria Elisabetta Ferrero della Marmora.
Dai documenti d’archivio risulta che, intorno al 1870, questo luogo contenesse circa 1300 vasi di piante da fiore e 48 casse per trasportare i limoni; al tempo, i limoni erano una specie rara e preziosa: il loro consumo era a uso esclusivo dei nobili e venivano custoditi gelosamente per evitare i furti.
Nel XIX secolo, la diffusione delle Serre nei parchi e nei giardini consentiva di custodire sotto i soli freddi e deboli d’Europa, i profumi attraenti e lontani della Sicilia, dell’Andalusia, di Smirne, di Cipro e di Rodi. Tutto era nato più di due secoli prima, seguendo la moda degli agrumi in vaso, che Caterina de’ Medici aveva imposto alla corte di Francia.
Dopo anni di degrado in cui la Serra, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, era stata trasformata persino in una mensa, il recupero nel 2010 ad opera della Fondazione Cosso ha restituito a questo luogo il fascino originario: le vetrate, con le loro geometrie in ferro battuto, risplendono bagnate dalla luce del sole; all’interno, il Ficus repens traccia armonici disegni simili a ricami; la pavimentazione, di una miscela di argilla, terra e sabbia, conferisce un aspetto elegante e antico.
Nel 2024, all’esterno, l’intervento dell’architetto Paolo Pejrone ha completato il disegno di questo luogo: le proporzioni dell’edificio si specchiano sulla ghiaia chiara della piazza antistante, nascosta agli sguardi da gruppi di bambù che, per la loro altezza, sembrano tracciare un ideale controcanto naturale alle vetrate gotiche. In corrispondenza dell’asse centrale, un piccolo rondò indica la prospettiva ideale per cogliere, insieme, l’orizzontalità austera della Serra e la verticalità morbida della Torre Rotonda.
Appaiono ironici e poetici i vasi dei banani, le cui foglie, con il loro verde brillante, donano un aspetto prorompente, domestico e, al tempo stesso, esotico. Dritti come soldati, gli agapanti della varietà Queen Mum sono ricchi di ironie lontane e di eleganze cosmopolite; d’estate, con il bianco dei loro fiori, ricordano i cieli tersi delle terre selvagge, assolate e ricche dell’Africa del Sud, da cui sono partiti.