Il Bosso
Il bosso, Buxus sempervirens, è un sempreverde molto diffuso nei giardini del Settecento e dell'Ottocento: spesso lo si ritrova nei labirinti e nelle creazioni di arte topiaria. Topiarius, per gli antichi Romani, era il decoratore di giardini che realizzava paesaggi ornamentali potando, secondo schemi geometrici o in forma di animali, le piante che si prestavano a questo uso.
Elegante, dall’aspetto severo, il bosso ha attraversato la storia dei parchi delle nobili residenze, sempre presente nei parterre, nelle siepi e nelle spalliere.
Il suo nome deriva dal latino buxus, traduzione del greco pýknos, "fitto, serrato", con riferimento al suo legno, durissimo e liscio, di color giallo limone, col quale si fabbricavano le tavolette da scrittura, i pezzi degli scacchi e gli strumenti musicali a fiato.
Storicamente ha evocato i simboli della Fermezza e della Perseveranza; nell'antica Grecia era sacro ad Adeed era il simbolo della rinascita perpetua della natura e dell’eternità.
Gli antichissimi esemplari che vediamo qui risalgono almeno alla prima metà dell'Ottocento: la lunga siepe di bosso, larga e continua, è un elemento compositivo che serve a condurre alla scoperta delle zone più lontane del giardino e, allo stesso tempo, a separare il viale dalle zone più silenziose e nascoste. In passato, quando le carrozze percorrevano questo viale, la densità dei rami e delle foglie non permetteva ai piccoli animali di sbucare all'improvviso e di spaventare così i cavalli.
"Il bosso oggi è una pianta minacciata", dice l'architetto Paolo Pejrone. "La piralide, un insetto originario dell'Asia, non avendo qui da noi un antagonista in natura, è diventata la sua dannazione. Arriva insidiosa, deposita le sue uova e in primavera le larve cominciano a mangiare le foglie. Probabilmente dovremo cominciare a pensare a giardini senza bossi. È uno dei segni del mutare del tempo, che il giardino coglie e suggerisce".

Il bosso, Buxus sempervirens, è un sempreverde molto diffuso nei giardini del Settecento e dell’Ottocento: spesso lo si ritrova nei labirinti e nelle creazioni di arte topiaria. Topiarius, per gli antichi Romani, era il decoratore di giardini che realizzava paesaggi ornamentali potando, secondo schemi geometrici o in forma di animali, le piante che si prestavano a questo uso.
Elegante, dall’aspetto severo, il bosso ha attraversato la storia dei parchi delle nobili residenze, sempre presente nei parterre, nelle siepi e nelle spalliere.
Il suo nome deriva dal latino buxus, traduzione del greco pýknos, “fitto, serrato”, con riferimento al suo legno, durissimo e liscio, di color giallo limone, col quale si fabbricavano le tavolette da scrittura, i pezzi degli scacchi e gli strumenti musicali a fiato.
Storicamente ha evocato i simboli della Fermezza e della Perseveranza; nell’antica Grecia era sacro ad Adeed era il simbolo della rinascita perpetua della natura e dell’eternità.
Gli antichissimi esemplari che vediamo qui risalgono almeno alla prima metà dell’Ottocento: la lunga siepe di bosso, larga e continua, è un elemento compositivo che serve a condurre alla scoperta delle zone più lontane del giardino e, allo stesso tempo, a separare il viale dalle zone più silenziose e nascoste. In passato, quando le carrozze percorrevano questo viale, la densità dei rami e delle foglie non permetteva ai piccoli animali di sbucare all’improvviso e di spaventare così i cavalli.
“Il bosso oggi è una pianta minacciata”, dice l’architetto Paolo Pejrone. “La piralide, un insetto originario dell’Asia, non avendo qui da noi un antagonista in natura, è diventata la sua dannazione. Arriva insidiosa, deposita le sue uova e in primavera le larve cominciano a mangiare le foglie. Probabilmente dovremo cominciare a pensare a giardini senza bossi. È uno dei segni del mutare del tempo, che il giardino coglie e suggerisce”.
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