Incontro con Francesco Poli
Nell’ambito del Festival “Trame: traduzioni, passaggi, metamorfosi” di Associazione Pensieri in Piazza
La critica d’arte è un’operazione di traduzione e di riflessione, con lo scopo di ricostruire in linguaggio scritto e parlato le forme iconiche e plastiche dell’opera. Si creano in questo modo dei ponti e delle relazioni tra creatori e fruitori, in un processo aperto e incessante di arricchimento.
Ne parliamo venerdì 23 settembre con Francesco Poli in un incontro dal titolo “La critica d’arte come traduzione“.
Francesco Poli è nato a Torino nel 1949. Professore di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Brera a Milano, è Chargé de cours all’Université Paris 8 dal 1994. Dal 1997 al 2003 e dal 2005 insegna all’Università di Torino. Ha curato numerose mostre in musei, spazi pubblici e privati; per la Fondazione Cosso, i progetti dedicati al Naïf, a Luigi Spazzapan, a Fausto Melotti e all’Informale.
Il Festival “Trame” è costruito quest’anno intorno all’idea del “tradurre”, come operazione chiave che permette di “mettere in relazione” culture, mondi, ambienti, forme di vita tra loro differenti e immediatamente non comunicanti. E’ a nostro avviso operazione fondamentale, nel tempo in cui viviamo, caratterizzato dalla pluralità e dalla complessità, cioè da una molteplicità di relazioni che si sviluppano su molti piani possibili: senza continue operazioni di “traduzione” il nostro mondo appare incomprensibile e si diffondono allora atteggiamenti difensivi di chiusura, di esclusione, di rifiuto della pluralità e della complessità.
In questa prospettiva la “traduzione” oggi è ben più che un’operazione linguistica, si configura come un atteggiamento culturale che conosce molte declinazioni possibili: dalla tradizionale capacità di avvicinare culture umane tra loro distanti e non comunicanti, a quella di mettere in relazione mondi umani e non-umani, ma comunque “viventi”, come quelli costituiti dall’ ”intelligenza biologica “ che permette di realizzare reti di comunicazione tra i componenti vegetali e animali negli ecosistemi, o la capacità di problematizzare il rapporto con la cosiddetta “Intelligenza artificiale”. Così come la vita stessa, dal punto di vista delle scienze biologiche, è resa possibile da continue operazioni di “traduzione”.
In tutti questi casi tradurre significa abbandonare ogni forma di etnocentrismo e/o di antropocentrismo per cercare di porsi da un punto di vista altro; “tradurre” comporta quindi l’adozione di strategie di riconoscimento reciproco, del rispetto, del decentramento; in questo senso “avvicinare mondi” non è soltanto un’operazione teorica, ma generatrice di nuovi atteggiamenti culturali, scelte e forme di vita: può essere il motore in grado di attivare trasformazioni, movimenti, passaggi, metamorfosi.
Associazione Pensieri in Piazza